Mittwoch, 12. September 2012
Non il processo di pace, ma la giusta lotta del popolo palestinese!
La speranza per il Medio Oriente:
Il popolo palestinese, nonostante conti solo pochi milioni, e da anni al centro della storia mondiale grazie alla sua lotta irriducibile contro le truppe d’assalto quell’avamposto USA in Medio Oriente noto col nome di Israele. Più di un anno fa, l’uomo forte di Israele, Ariel Sharon si presentava, scortato da mille poliziotti e soldati armati alla moschea di Al-Aqsa, uno dei principali luoghi simbolici della religione musulmana situata in Gerusalemme Est, che per palestinesi e per gli arabi in generale è la capitale storica della Palestina. Questa tracotante ostentazione da parte di Israele del loro potere su uno dei luoghi chiave per i palestinesi aveva lo scopo di umiliare il popolo palestinese e di affermare l’intoccabile supremazia israeliana.
La risposta del popolo palestinese fu immediata e prese la forma della “seconda Intifada”: non ci sarà mai pace nella regione finche non ci sarà giustizia.
Per più di 50 anni gli occupanti israeliani, sostenuti e armati fino ai denti dai più forti imperialisti del mondo, hanno ripetutamente aggredito militarmente i popoli e fatto valere la loro straripante superiorità materiale in tutta la regione. In una serie di guerre di aggressione, nel 1956, 2957 e 1973, hanno sconfitto i governi arabi confinanti e annesso la maggior parte del territorio palestinese per creare un cordone di sicurezza intorno al territorio di cui si erano impossessati nel 1948 con la creazione dello stato di Israele. Tanto il Partito Laburista, quanto il Likud, hanno promosso la costruzione di insediamenti di coloni nei territori occupati, sfidando l’unanime condanna della comunità internazionale e le risoluzioni ONU. All’interno, per decenni hanno incarcerato migliaia di palestinesi, li hanno torturati nonostante le denunce e le proteste dei gruppi di difesa dei diritti umani; hanno scatenato una campagna di assassinii degli oppositori da parte squadroni della morte rivendicati dallo stato; hanno bombardato con gli aerei da combattimenti F-16 gli avamposti dell’autorità palestinese internazionalmente riconosciuta; hanno raso al suolo abitazioni di palestinesi, lasciando più di 40.000 senzatetto. Minacciano chiunque metta in discussione il loro dominio regionale con il loro vasto arsenale di armi nucleari, biologiche e chimiche costruito grazie alla protezione degli imperialisti USA.
Uno stato coloniale in formazione che non si è fermato di fronte a niente per eliminare i suoi nemici, e che ancora non si dà pace. Dopo cinquanta anni, e una lunga sanguinosa scia di morte e terrore gli sgherri sionisti dell’imperialismo USA non sono oggi più vicini di prima all’eliminazione dell’opposizione al loro dominio. Una poderosa conferma della verità affermata da Mao Tsetung, secondo cui ovunque c’è repressione, c’è resistenza.
Di fronte a questa realtà, per dieci anni i caporioni imperialisti George Bush e Bill Clinton hanno spinto per un processo di pace in Medio Oriente che producesse nella regione lo stesso risultato ottenuto dal cambio di regime in Sudafrica. Un processo avviato con la promessa per i palestinesi di porre fine alla loro degradazione e oppressione. Il processo fu sottoscritto a Oslo, sancito dalla stretta di mano tra Arafat e Rabin sul prato della Casa Bianca, ratificato in sette successivi vertici, registrato in innumerevoli protocolli e strombazzato in tutto il mondo.
Quel processo di pace si è dimostrato essere una trappola. Tutto il mondo può oggi vede oggi che le parole mielose degli imperialisti non erano che la copertura accattivante di una manovra per ottenere che Arafat, i compradori palestinesi e i loro agenti facessero lo sporco lavoro di repressione delle stesse masse palestinesi. All’Autorità Palestinese di Arafat non è stato concesso neppure di controllare le acque nei territori occupati. È stato consentito di avere abbastanza fucili per sopprimere l’opposizione interna all’occupazione israeliana, ma niente che potesse minimamente competere con l’arsenale israeliano. L’intercettamento di una singolo carico di armi per la Palestina, neppure lontanamente paragonabile all’import quotidiano di armi degli israeliani, ha fatto schiumare di rabbia tutti i media imperialisti.
Un anno fa, indispettiti dall’incapacità di Arafat di domare la resistenza del popolo palestinese, le classi dominati di USA e Israele hanno messo a capo del governo Ariel Sharon, il macellaio di Sabra e Chatila che responsabile del massacro di centinaia di profughi civili nei campi del Libano nel 1982. Le truppe di Sharon hanno invaso il presunto territorio dell’Autorità Palestinese, dimostrando che questa è un guscio vuoto, privo di quello che il grande dirigente rivoluzionario russo Lenin tanto tempo fa indicò come il cuore del potere statale: le forze armate.
Il processo di pace si era sviluppato in precisa congiuntura della politica mondiale: il socialimperialismo sovietico era collassato, creando un vortice che aveva risucchiato gran parte dei suoi stati-fantoccio e clienti nel mondo. Le forze compradore reazionarie che si erano affidate al cosiddetto grande fratello sovietico ne piangevano la perdita di fronte agli imperialisti USA. Arafat e importanti sezioni delle elite palestinesi conclusero che non c’era altra scelta che lanciarsi nell’offerta di negoziati. Così barattarono la rivoluzione palestinese per un pugno di promesse e le briciole di potere in brandelli di Palestina che gli imperialisti gli offrivano. Arafat e l’Autorità palestinese sono oggi stretti tra le sempre più aggressive pretese degli USA e dei loro cani da combattimento israeliani, e le irriducibili domande di giustizia e libertà delle masse palestinesi. Nel frattempo Hamas, la Jihad islamica e le altre forze fondamentaliste islamiche crescono come parassiti nella disillusione verso Arafat per costruire la loro alternativa reazionaria di un regime teocratico islamico.
La crescente rabbia e disillusione delle masse palestinesi per il fallimento di un processo di pace che non ha cambiato le loro vite né ha avvicinato il momento della liberazione sono emerse in un cruciale punto di svolta della storia mondiale. Gli USA sono in crisi economica e stanno approfittando degli eventi dell’11 settembre per lanciarsi in una campagna bellica per estendere il loro dominio globale ed eliminare ogni residuo di opposizione. Hanno messo da parte perfino la pretesa di apparire come un “onesto mediatore” per il Medio Oriente, assunta durante l’amministrazione Clinton, e aizzano il loro cane da combattimento Israele a colpire sempre più forte. Nelle ultime settimane forze israeliane hanno occupato larga parte della Cisgiordania e la stessa Gaza, usando la rete di insediamenti coloniali e avamposti militari per paralizzare ogni movimento dei palestinesi e minacciare la stessa esistenza dell’Autorità Palestinese. Mentre Arafat e compagni raccolgono oggi l’amaro frutto della capitolazione che hanno seminato, incapaci di soddisfare tanto i despoti imperialisti e sionisti quanto le masse in rivolta, i loro vecchi soci e padrini, la socialdemocrazia europea e gli sceicchi reazionari e generali arroganti del mondo arabo hanno improvvisamente scoperto che il silenzio é la parte migliore del coraggio. Non è divertente essere un cane al guinzaglio dell’imperialismo.
La lotta dei palestinesi è a una svolta. Arafat è sempre meno in grado di controllare la resistenza popolare contro gli occupanti israeliani. Dalla striscia di Gaza e dalla Cisgiordania sono fonti inesauribili di gente pronta a morire combattendo Israele e ondate senza precedenti di malcontento stanno crescendo tra gli stessi palestinesi che vivono in Israele, quelli arrogantemente Israele definisce gli “arabi Israeliani”, nel ridicolo tentativo di distinguerli dai loro fratelli palestinesi. Gli israeliani hanno anche ventilato piani per imporre il totale isolamento fisico agli abitanti arabi di Gerusalemme. Il processo di pace è ormai alle ortiche. La via della resa e capitolazione presa da Arafat non porta da nessuna parte, mentre c’è qualcuno che vede nei dinosauri religiosi islamici di Hamas e simili la via per la liberazione. I sionisti agitano la natura ovviamente reazionaria dei loro nemici islamici per deridere la loro pretesa di rappresentare un’alternativa, ma qualcuno può forse negare che nel cuore dello stato sionista, tra i partiti del fondamentalismo ebraico, ci sono tante più istanze antifemminili e oscurantiste che nella stessa Hamas?
La piaga che ha afflitto la rivoluzione palestinese non è mai stata la mancanza di coraggio. No. Ciò che manca alla rivoluzione palestinese non è il coraggio, ma dei dirigenti che avessero fiducia e coscienza della capacità delle masse di affrontare e sconfiggere sul campo l’apparato militare sionista sostenuto dall’imperialismo e che prendessero questa strada. I maoisti sono sempre stati per la lotta senza compromessi del popolo palestinese, perché questi si alzino, armi in pugno, per sconfiggere gli occupanti e costruire sulle ceneri dell’occupazione coloniale una Palestina rossa, uno stato laico e democratico in cui tutte le masse della Palestina abbiano pari diritti ed insieme esercitino effettivamente il potere. Si può oggi deridere questa visione come “irrealistica”, ma è stato proprio invocando pragmatismo e “realismo” che è stata giustificata l’accettazione del processo di pace mediato dagli imperialisti che non ha portato altro che la continuazione dell’oppressione e una sempre più profonda spoliazione del popolo palestinese. Tanto tempo fa, Marx sottolineava che i proletari devono passare attraverso la guerra rivoluzionaria, non solo per rovesciare la classe dominante, ma anche per educarsi ad esercitare il potere. Anche in Palestina la guerra rivoluzionaria di liberazione che un giorno rovescerà lo stato sionista appoggiato dall’imperialismo USA sarà un fuoco rigeneratore che brucerà piaghe ed orrori che affliggono gli animi, e quel che oggi sembra impossibile diventerà una concreta forza rivoluzionaria che sarà di esempio per gli oppressi di tutto il mondo.
Mentre il popolo palesatine attraversa queste acque tempestose, il Movimento Rivoluzionario Internazionalista, riafferma ancora una volta, il suo sostegno a questa giusta causa, e chiama tutti i rivoluzionari e progressisti a passare all’azione.
-The Information Bureau of the Revolutionary Internationalist Movement
10 Feb 2002
For more information, write: BCM RIM / 27 Old Gloucester St / London WC1N 3XX / UK.
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